Liste civiche, quando la partecipazione diventa una vetrina elettorale

Liste civiche, quando la partecipazione diventa una vetrina elettorale

Dietro l’apparente apertura alla società civile si nasconde spesso una strategia: usare centinaia di candidati come strumenti per raccogliere voti, senza reali possibilità di elezione.

Negli ultimi anni, soprattutto nelle campagne elettorali locali, le liste civiche sono diventate un fenomeno sempre più diffuso. Presentate come espressione spontanea della società civile, spesso si propongono come alternativa ai partiti tradizionali. Ma dietro questa immagine di freschezza e partecipazione, si nasconde spesso una realtà ben diversa.

Secondo molti osservatori, le liste civiche sono oggi utilizzate da partiti e gruppi politici come strumenti elettorali camuffati, costruiti per attrarre voti senza esporre direttamente il simbolo del partito. Il meccanismo è semplice: si formano liste con decine  di candidati, molti dei quali senza alcuna esperienza politica né reale coinvolgimento nel progetto. Insomma “Candidati riempilista”

Il loro ruolo? Portare voti. Non necessariamente per se stessi, ma per il capolista o per chi è già destinato a entrare in consiglio comunale. In pratica, il candidato “civico” viene trasformato in un moltiplicatore di consensi: ogni nome in lista vale decine, talvolta centinaia di voti, raccolti tra amici, parenti, colleghi. Una strategia che permette di gonfiare artificialmente la forza di una lista, dando l’illusione di un grande radicamento territoriale.

Il problema è che molti di questi candidati non hanno alcuna possibilità concreta di essere eletti, né vengono coinvolti nelle scelte politiche. Spesso non conoscono nemmeno a fondo il programma, e scoprono solo dopo le elezioni di essere stati usati come comparse in una messinscena. Una sorta di democrazia di facciata

Il fenomeno solleva gravi questioni etiche e politiche. Si tratta, in sostanza, di una forma di sfruttamento politico, che trasforma l’aspirazione civica a partecipare in una vetrina costruita ad arte. A farne le spese è la qualità della democrazia: si crea un’illusione di rappresentanza, mentre le decisioni restano saldamente nelle mani di pochi.

Eppure, le liste civiche dovrebbero rappresentare uno spazio prezioso per rinnovare la politica dal basso, dando voce a chi non si riconosce nei partiti tradizionali. Quando diventano solo strumenti tattici, perdono la loro forza e tradiscono la fiducia di chi vi si affida in buona fede. Ed anche in questo caso servirebbe più trasparenza

Per invertire la rotta, occorrono regole più chiare. Ad esempio, rendere pubblici i criteri con cui vengono selezionati i candidati, chiedere maggiore trasparenza sui legami tra le liste e i partiti, e incentivare una reale formazione politica per chi si candida.

In un’epoca in cui la partecipazione politica è in crisi, non possiamo permetterci di ridurre l’impegno civico a una semplice merce elettorale. Serve più responsabilità, da parte di chi propone le liste, ma anche da parte di chi sceglie di candidarsi.

Perché candidarsi non è un favore da fare a qualcuno, ma un atto di responsabilità verso la propria comunità.
Il Passatore